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Visualizzazione dei post da ottobre, 2025
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  IN LIMINE VITAE Edoardo Gaiba era il capo dei fattori al servizio della Società Fondiaria Romagnola, un'azienda di vaste tenute nel Ferrarese. Invalido della Grande guerra, aveva 65 anni. Estremamente ligio, godeva d'una sconfinata fiducia da parte dei suoi superiori che avevano finito col dargli le chiavi degli uffici e dei magazzini. Non si sa come, ma quel servitore del capitale, quel nemico del popolo era riuscito a passare indenne le infuocate giornate della cosiddetta insurrezione. Ma il 7 maggio del '45 fu convocato al Comitato di liberazione di Portoverrara. E' solo il caso di dire che nei centri minori di provincia, il comitato di liberazione equivaleva al comando partigiano, che era sempre retto da comunisti. Qui gli chiesero un contributo per la lotta di liberazione, un'elargizione di 500 mila lire, che il Gaiba recisamente rifiutò, spiegandone le ragioni: primo, la guerra era finita, secondo quel denaro apparteneva alla società fondiaria. Lo ...
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  LA SINISTRA Essere di sinistra significa vivere in povertà ma anche essere ricchi. E' di sinistra il magistrato che scarcera il condannato africano, il giudice che interpreta la legge anziché applicarla. Che s'inventa l'attenuante culturale a favore dei "profughi" che delinquono. Che stangano chi eccede nella legittima difesa. E' di sinistra la Charitas che preferisce aiutare gli energumeni di colore anziché i miserabili italiani. Che s'arricchisce attraverso la buona fede dell'otto per mille. E' di sinistra colui che non ha dubbi sulla moralità della coppia d'invertiti, altrimenti detti omosessuali, rispetto alla famiglia tradizionale. E' di sinistra e anche cialtrone colui che in malafede ritiene la liberazione dell'Italia del '45 opera dei partigiani. Sono di sinistra quelli che guardano con occhio di compassione i detenuti, i malvissuti, gli spacciatori, coloro che occupano le case, che violano le abitazioni per ruba...
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 PRESENTAZIONE DEL LIBRO "KILLER IN POLIZIA - La polizia partigiana nelle questure"
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  SESSO LAMBRUSCO E SANGUE Gargallo è un minuscolo paese a cinque chilometri da Carpi. Il 20 gennaio del ’45 una giovane di 26 anni, Evalda Marini, pagherà il suo volontariato nella Brigata nera di Modena. Essere ausiliarie, al di là della manifesta solidarietà politica, non significava altro che occuparsi della macchina da scrivere, di una mensa di caserma, di seguire un ufficiale nelle cose d’ufficio, eccetera. È solo un’icona l’ausiliaria che imbraccia il fucile, ma questo era tuttavia sufficiente agli occhi del partigianato maggioritario per una condanna capitale. Non è neppure vero che le ausiliarie della Brigata nera corressero più rischi delle altre, di quelle ad esempio della Decima Mas, o di qualsiasi altra unità militare. Ne morirono a migliaia verso la fine della guerra, e nei modi più atroci, e ne morirono anche nei mesi successivi al 25 Aprile, rintracciate e prelevate da casa. Quasi tutte prima della morte venivano sistematicamente abusate con stupri generalme...
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  22-2-2017 L'EX SEMINARISTA E IL "BOIA" Un seminarista del collegio di San Martino in Rio , superato il ginnasio, decise d'arruolarsi in Marina. In paese avevano finito col chiamarlo " il Marinaio " perché gli piaceva vestirne la divisa anche quand'era in licenza. Dopo l' 8 Settembre disertò come tanti, avvicinandosi al movimento partigiano del suo paese, Verica , ov'era vissuto, orfano di padre, in povertà assoluta. Ma dopo aver assistito ad atrocità che i suoi compagni commettevano sulle persone che andavano prelevando, se ne allontanò. Al commissario politico non piacque questa scelta che considerò una defezione bella e buona, aggravata dal fatto che "il Marinaio" non avesse mai fatto mistero del proprio disappunto su quanto avveniva e neppure della sua profonda fede cristiana. Ce n'era abbastanza perché venisse accusato d'essere spia, la più tremenda delle accuse in quelle tragiche giornate peraltro quasi mai p...
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  LA 7a GAP I giovani potrebbero credere a qualche variante del computer, ma solo quelli che hanno la mia età possono sapere che cosa significhi la parola GAP. E gli altri che lo sapevano di certo, i vecchi gappisti o le loro vittime, sono morti. Visti gli attentati gappisti che perdurando dal dicembre del '43, erano riuciti a creare quel clima di terrore tanto agognato dal PCI , nel luglio del '44 il fascismo decretava la costituzione delle Brigate Nere . Storiograficamente si può sostenere che senza l'una non vi sarebbero state le altre. Ma v'è una differenza indiscutibile: la gloriosa GAP provocava la morte mentre la famigerata Brigata Nera cercava d'impedirla. Quantunque nato dopo la guerra, mi vanto d'aver conosciuto fior di gappisti, intrattenuti a colloquio sotto mie mentite spoglie di ricercatore universitario, assistente del professor Bergonzini dell' Università di Bologna . Un po' di vero c'era; conoscevo il vecchio professore che ...
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  ROLANDINO E COMPAGNI DI BRIGATA Rolando Natale era un operaio comunista di Lanzo Torinese ove era nato nel 1920. All’8 Settembre era riuscito a organizzare un nucleo di resistenza formando la cosiddetta Banda Rolandino che, nell’estate del ’44, diverrà brigata, la 19° brigata Garibaldi. Operò in Val di Viù, nel Monferrato, nell’Astigiano a caccia di fascisti assaltando sperdute caserme dei carabinieri-Gnr, con agguati e imboscate a isolate pattuglia tedesche, prelevando da casa presunte spie, eccetera. Suoi validi compagni erano il commissario politico Riccardo Sciandra, nome di battaglia Renato; il capo della polizia partigiana Carlo Osella, Bill, ex venditore ambulante di Racconigi; l’ex tornitore Vittorio Rampone detto il Sanguinario e altri, tutti assassini a sangue freddo che nel dopoguerra, quantunque chiamati a rispondere dei loro delitti, non scontarono un giorno di carcere in forza delle numerose amnistie decretate per i fascisti. A eccezione del boia Osella che sc...
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  PRESENTAZIONE DI COMPAGNO MITRA A VIGONZA (PD)
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  USCITA PREVISTA NOVEMBRE 2025
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  MINACCE D'ALTRI TEMPI Con significativo anticipo la compagine estrema della Sinistra reggiana annuncia stamani una serie di manifestazioni volte a contrastare - se non impedire - la presentazione dell'ultimo mio libro, Compagno Mitra , programmata per sabato prossimo nella stessa Reggio. Il neo Partito comunista e Sinistra Italiana vanno oltre, rivelando attraverso le pagine del Carlino, di Reggio Sera e di Reggioreport , le loro intenzioni: sit-in davanti all'albergo che mi ospiterà e marchiatura dei luoghi ove dovessi soffermarmi. Chiare minacce che oggi no, ma nel '45 ....... la morte.
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  IL COMANDANTE VERO Questa è la storia di Giuseppe Marozin, che da venditore ambulante poté giungere a disporre della vita e della morte di centinaia di persone. Fu un frutto della resistenza rossa, anche se il comandante Vero era un senza partito, un capo banda che alla fine si era infilato tra i socialisti di Pertini, giacché i comunisti lo volevano solo morto. Marozin fu un personaggio storiograficamente interessante perché uccideva i suoi partigiani. A Selva di Frassino nell'agosto del '44 aveva ucciso un ragazzo di 15 anni che si era arruolato nella sua banda e che voleva tornarsene a casa. Si chiamava Otello Cabianca. Nel sonno invece aveva ucciso, con un colpo di pistola alla testa, il partigiano Gilberto Meggiolaro che nel suo ultimo turno di guardia si era addormentato. Torturava i prigionieri lavorando di pinza nella loro bocca; strappava loro le unghie. Sterminò una famiglia. Violentò ausiliarie fasciste. Per ordine di Pertini uccise gli attori Ferida e Va...
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  IL CAPITANO OMAR Al sanguinario Umberto Bisi nel '51 era stata revocata la medaglia d'argento al valor militare a seguito della condanna per la strage alle carceri di Carpi perpetrata la notte tra il 14 e il 15 giugno del '45. Quando Pertini gli fece avere quella d'oro il Bisi se ne compiacque, ringraziò l'Anpi per averla perorata e i compagni che se ne congratularono. Ma nessuno meglio di lui poteva conoscerne il peso: in un processo gli erano stati addebitati sessanta omicidi, in un altro quattrocento. Gli atti di coraggio gli erano sconosciuti perché era un esecutore, e più noti furono quelli di estrema ferocia, come le quattro donne che uccise l'8 gennaio del '45 a colpi di pistola nella loro abitazione di Carpi. Ad una di queste, Cita Vincenzi di 80 anni, paralitica, aveva sparato in bocca. Il "capitano Omar" era nato a Novi di Rovereto, in quel di Carpi, nel '23 e mi onoro d'averlo "scoperto" nelle mie ricerche e , sfida...
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  L'ASSASSINO DEL SEMINARISTA Ecco la fotografia del partigiano che uccise il seminarista Rolando Rivi il 14 aprile del '45, pochi giorni prima della fine della guerra. Si chiamava Giuseppe Corghi, nome di battaglia Natalino. Era un gappista modenese con un incredibile numero di uccisioni sulla coscienza. Al processo dichiarerà: " Il 14 verso le 10 il Rivi venne accompagnato vicino alla fossa e comprese allora che stava per essere ucciso e mi si buttò ai piedi supplicandomi di avere pietà. Ma senza pensarci su gli tirai due colpi di pistola, Il primo colpo alla tempia lo freddò, ma per assicurarmi ne tirai un altro alla fronte, tornando subito al comando e lasciando agli altri il compito di seppellirlo" (Atti del processo).

VERITA' PROCESSUALE E VERITA' STORICA

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La sera del 18 maggio del '45, verso le 23,30, tre persone a bordo di una Fiat 1100 giunsero ad Arceto di Scandiano, davanti alla palazzina del dottor Luigi De Buoi, medico condotto di 44 anni. Due di essi, qualificandosi agenti della polizia partigiana, si fecero aprire entrando in cucina ove era ancora riunita la famiglia: lui, la moglie e le tre figlie, bambine di 9, 10 e 11 anni, mentre un terzo si poneva all'esterno della casa. In quelle giornate i prelevamenti erano all'ordine del giorno, era la caccia al fascista che coinvolgeva anche persone che non avevano nulla da rimproverarsi e che per questo non si erano allontanate. Anche il dottor De Buoi era finito nella lista nera, ma non per trascorsi politici poiché non aveva aderito al fascismo repubblicano. Non aveva voluto abbandonare il paese quantunque un suo paziente, certo Fontanesi, l'avesse consigliato di trasferirsi con la famiglia. Almeno finché non fosse passata l'ondata di prelevamenti e omicidi che, ...

REGGIO TOMBA DI CARABINIERI

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REGGIO TOMBA DI CARABINIERI Giuseppe Valenti di Scandiano era evaso dal carcere di Modena, ove stava scontando una condanna a ventitré anni per furti e rapine. Era evaso nei torbidi dell’8 Settembre e si fece partigiano, così che poté vendicarsi: uccise i quattro carabinieri che erano riusciti a catturarlo. L’avevano catturato nel ’38 per evasione e per una rapina perpetrata a San Martino in Rio alla Banca Agricola Commerciale, durante la quale aveva ucciso il cassiere e ferito alcuni clienti. I carabinieri di Reggio Emilia dopo mesi di spasmodiche ricerche riuscirono a catturarlo e rinchiuderlo nel carcere di Reggio dove nei torbidi di quelle giornate del ’43 si ritrovò libero, ma per la legge sempre evaso e ricercato. Nella Resistenza trovò protezione e col nome di Franco entrò nella 76a Brigata Sap , ove ebbe modo di «riscattarsi» compiendo con zelo spietate azioni dalle quali la brigata traeva vanto o disdoro, a seconda dei punti di vista. La sua scheda dell’Anpi riporta que...