REGGIO TOMBA DI CARABINIERI

REGGIO TOMBA DI CARABINIERI

Giuseppe Valenti di Scandiano era evaso dal carcere di Modena, ove stava scontando una condanna a ventitré anni per furti e rapine. Era evaso nei torbidi dell’8 Settembre e si fece partigiano, così che poté vendicarsi: uccise i quattro carabinieri che erano riusciti a catturarlo.

L’avevano catturato nel ’38 per evasione e per una rapina perpetrata a San Martino in Rio alla Banca Agricola Commerciale, durante la quale aveva ucciso il cassiere e ferito alcuni clienti.

I carabinieri di Reggio Emilia dopo mesi di spasmodiche ricerche riuscirono a catturarlo e rinchiuderlo nel carcere di Reggio dove nei torbidi di quelle giornate del ’43 si ritrovò libero, ma per la legge sempre evaso e ricercato. Nella Resistenza trovò protezione e col nome di Franco entrò nella 76a Brigata Sap, ove ebbe modo di «riscattarsi» compiendo con zelo spietate azioni dalle quali la brigata traeva vanto o disdoro, a seconda dei punti di vista. La sua scheda dell’Anpi riporta questa annotazione: Elemento di straordinaria attività. E relativamente alla rapina d’anteguerra: Molto perseguitato e arrestato.

Quei mesi trascorsi da partigiano e la sconfitta del fascismo lo convinsero di potersi vendicare di quei carabinieri che avevano preso parte alla sua cattura. Così il 1° gennaio del ’45 col compagno Jak, al secolo Otello Montanari [omonimo del chi sa parli], prelevò a Borzano il maresciallo Vasco Filippini. Il suo cadavere non fu mai trovato perché arso nella fornace di Ca’ de Caroli ove i partigiani solevano bruciare i cadaveri.

Non pago il 20 febbraio ’45 il Valenti a Sant’Ilario uccise l’appuntato Albo Galloni, di 40 anni. Il 2 maggio furono assassinati il maresciallo Cesare Corbelli di 48 anni e il giorno dopo, fra Prato Fontana e Massenzatico, il brigadiere Filippo Fiordimonti di 46 anni.

Il 14 maggio del ’45 i carabinieri di Reggio segnalarono al comando generale e al comando della polizia militare alleata il ritrovamento del cadavere del Fiordimonti nei pressi di Messenzatico. Segnalarono che a prelevare il brigadiere erano stati gli stessi uomini che avevano sequestrato il maresciallo Corbelli.

La vedova del brigadiere Filippini era riuscita a sapere ove era sepolto il corpo del marito: in un punto preciso di Monte del Gesso ne avrebbe trovata la fossa. Seppe anche che in una fossa contigua era sepolta una donna prelevata e uccisa il 1° gennaio del ’45, la segretaria del fascio femminile di Scandiano, Bice Sacchi.

La fonte la ammoniva di non rendere pubblica l’informazione e di non scavare oltre. Il 2 maggio la vedova e due volontari muniti di vanga e badile in procinto d’iniziare lo scavo trovarono il terreno completamente rimosso e continuando a scavare scoprirono una fossa appena svuotata e un bottone.

I quattro cadaveri erano stati esumati poche ore prima e bruciati nella vicina fornace di Ca’ de Caroli.

Nel ’49 la procura di Reggio ordinò l’arresto del Valenti, e perseguì a piede libero per complicità in omicidio, tanto per non far nomi, Amleto Paderni (coinvolto nell’omicidio del medico Dr. De Buoi, e assolto), Danilo Becchi, Oldano Paterlini, tutti di Scandiano e tutti ex partigiani.

Il Valenti-Franco fu arrestato nel ’47 e scontò sette anni, probabilmente il residuo di pena della mortale rapina d’anteguerra, e solo marginalmente sarebbe stato perseguito per i quattro carabinieri che uccise durante la resistenza. Avrebbe giocato  la solita esimente dell’azione di guerra.

Nato ad Arceto di Scandiano nel 1915, l’assassino dei carabinieri morì a Reggio nel 1986.



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