Presentazione
2 lauree – 10 libri – 8 processi
PROFILO PUBBLICO DI CRITICA STORICA
Questo Blog nasce dalla necessità di continuare a scrivere e mantenere le migliaia di follower che avevo nelle due pagine – pubblica e privata – di Facebook chiusemi definitivamente dopo molteplici avvertimenti. E’ mia impressione che la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso fosse un post degli ultimi pubblicati. Era intitolato 2 SIMPATICHE CANAGLIE: I PARTIGIANI PAOLO FARINETTI ED EUGENIO FASSINO.
Ebbene con questo audacissimo post inauguro il mio blog.
Paolo Farinetti era un comandante partigiano che operò nelle Langhe. Un eroe che il 23 maggio del ’46 perpetrò la rapina del secolo: con il mitra e quattro accoliti ex banda, fermò lungo l’autostrada un’autoambulanza che trasportava le paghe degli operai Fiat Ferriere. La rapina fruttò al Farinetti l’ingentissima cifra di 2,5 milioni di lire in contanti. Arrestato dai carabinieri l’ex comandante Paolo fu accusato di rapina, reato che, per comprensibili e scontati interventi, si ridusse in semplice ricettazione per la quale nel’47 fu condannato a due anni e sei mesi di reclusione. L’ex presidente dell’Istituto storico della resistenza di Alba, Livio Berardo, ricordava bene il comandante Paolo e anche la rapina milionaria. Col bottino la simpatica canaglia acquistò case e terreni e si diede all’imprenditoria: ad esempio sua era la catena dei punti vendita di elettrodomestici UniEuro, che lascerà al figlio Oscar. Costui, in tempi recenti, fondò la società Eataly che, con la compiacenza di amministrazioni di sinistra, aprirà filiali in tutt’Italia. Fino al 2019 quando le perdite la porteranno al fallimentare.
L’altra simpatica canaglia era Eugenio Fassino, anch’egli piemontese e comandante partigiano. La sua brigata, la 41a Carlo Carli, fu responsabile d’uno stupro collettivo perpetrato a Bruzolo, paesino della Bassa Val di Susa, il 27 gennaio del ’45. Il Fassino era alla caccia di un giovane tenente dell’esercito repubblicano, Silvano Marconcini, rampollo di una rinomata famiglia borghese. I partigiani lo volevano uccidere perché teneva contatti con la Guardia Nazionale di Torino. Irruppero nell’abitazione dei Marconcini e non trovando il ricercato si rivolsero all’anziana madre e alla sorella che punirono col taglio dei capelli. Non paghi decisero di andare oltre l’immonda tosatura e così, sotto gli occhi della madre preso a violentarne la figlia. Il Fassino esercitò lo jus primae introductio, seguito da tutti i trentasei suoi partigiani. Si legge nella sentenza n. 75/46 della 2a Sezione Speciale della Corte d’Assise di Torino, emessa il 21 maggio del ’46: “sotto gli occhi esterrefatti della madre violentarono a più riprese la figlia. Questo deprecabilissimo fatto […] la Marconcini tenuta ferma da quattro partigiani fu stuprata prima dal capobanda e quindi dagli altri trentasei uomini …]. E’ noto che il capobanda altri non era che il padre dell’onorevole Fassino, già ministro della giustizia e profumiere per diletto.
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